Era una notte senza luna, al di fuori del piccolo oblò si vedeva a malapena l'orizzonte dividere il cielo scuro dal mare nero e freddo. Il grosso mercantile avanzava placido nell’oscurità, il rombo sommesso delle onde veniva cadenzato dal beccheggio della pesante imbarcazione.
Nel silenzio della stanza, l’uomo seduto alla scrivania udiva provenire dagli altri ponti gli schiamazzi dei marinai, risate e rumori osceni, battibecchi e racconti da spacconi su prostitute di porto. Dei bambini ridevano e correvano, mentre le madri disperate li inseguivano per le stanze chiamandoli senza grande successo. La nave trasportava merci e provviste, famiglie di coloni e avventurieri che avrebbero raggiunto i porti della costa principale dai quali sarebbero infine partiti per Aeternum. La promessa di infinte risorse e potere portava intere popolazioni a lasciare tutto in cerca di fortuna e di un nuovo inizio nelle compagnie.
L’uomo con il capo coperto guardava i vetri rotti del piccolo specchio appoggiato sulla scrivania, ivi era riflessa un’immagine dall’aria mesta e rancorosa. Una lunga, profonda, cicatrice solcava la parte sinistra del viso fino a sfiorare l'occhio, azzurro e freddo come il cielo delle terre del nord. Un’ombra scura, rapida e fugace correva sulla sua pelle, come un serpente o un ragno che striscia in cerca della preda.
L'uomo si coprì parte del viso con la mano, la superficie cicatrizzata si presentava ruvida sotto i polpastrelli, e prese a leggere per l'ennesima volta la lettera appoggiata davanti a sé.
“ Caro Ixias,
il conclave ha fatto il possibile per trovare una soluzione al tuo problema, ma quello che è in nostro potere non è sufficiente a rompere la maledizione che ti affligge. Gli antichi testi citano un rituale, un rito di purificazione che richiederebbe un grande sacrificio e una risorsa dalle possibilità infinite. Riteniamo che essa sia l’Azoth, una fonte di potere illimitato in grado persino di portare in vita i defunti.
Dovrai dirigerti sull'isola di Aeternum ed ottenere dell'Azoth, studiarne le proprietà e i segreti e forse un giorno avrai tu stesso la cura per il tuo male.
Mi duole darti queste cattive notizie, in quanto sei tra i più cari dei miei allievi, ma la lama che ti ha ferito ha bloccato il tuo accesso alla sorgente del nostro potere. Dovrai faticare per cercare di recuperarlo e non ti assicuro che sarà possibile del tutto, nemmeno grazie all’Azoth.
Ti auguro ogni fortuna e te ne servirà parecchia in quel posto maledetto. Ho sentito storie e avuto visioni di creature orrende e malvagie sopra ogni cosa. Non lasciarti ingannare dalle storie di salvezza e benessere per tutti, in quel luogo sperduto regnano la violenza e la lotta per la sopravvivenza. Ancora prima degli uomini della nostra epoca, altri sono giunti sulle sue spiagge e non sono tornati. Fa attenzione, te ne prego!
Cerca aiuto, cerca avventurieri che possano sostenerti nel tuo intento e sii per loro quello che sei stato per noi: un compagno leale e fiero, un guardiano e un punto saldo su cui contare.
C'è un'altra cosa, caro amico, se dovesse passare troppo tempo la tua mente, già confusa, potrebbe perdere ulteriormente lucidità e potresti essere ridotto alla pazzia. E’ fondamentale che tu non perda mai te stesso e non ceda all’oscurità che ti sta divorando.
La magia non ti abbandonerà mai, ricordalo nel momento più oscuro, ricorda che la magia lega tutti gli esseri viventi e da essa puoi estrarre la forza per vivere e resistere, anche se ora ti risulta difficile farlo.
Addio Ixias, che Stratos soffi sempre a tuo favore.
~ Stellos, Grande Saggio di Argentrock ~ “"Maledizione" pensò l'uomo. Si alzò lentamente, con fatica e si sdraiò sul letto, duro e scomodo, troppo corto anche per un uomo di statura normale.
Soffiò leggermente sul palmo della mano e un lieve nevischio si levò in volo, ma nulla di più. Il suo potere era ancora lì, integro, ma avrebbe dovuto ricominciare da capo, dagli incantesimi minori, prima di recuperare la maestria del controllo delle nevi.
Chiuse gli occhi e percepì il legno sotto di sè scricchiolare, i topi correre e rosicchiare, le onde bagnare di schiuma la chiglia. Infine si addormentò.
Era in piedi in una grande sala gremita di persone. La luce della luna entrava da grandi aperture del soffitto e veniva riflessa sulle colonne candide ai lati della navata centrale.
Delicato nella forma e decorato con preziosi ghirigori di avorio ed oricalco, vi era un trono al fondo della sala sul quale vi era seduta con grazia e leggerezza una figura femminile. I capelli neri della donna erano raccolti in una lunga treccia che scendeva lungo un fianco fino al petto e gli occhi chiari come uno specchio d’acqua guardavano con gioia e amore la fila di persone davanti a sé.
Nessuno parlava, ma a turno tutti portavano una spiga di grano o un seme, riponendolo con cura in un grande cesto posto alla base del trono.
Stava avvenendo il sacro Rito della Semina e la Regina di Argentrock dava la propria benedizione ai suoi sudditi affinchè le messi crescessero forti e sane nell’anno a seguire.
Stellos era a fianco della regina, appoggiato ad un bastone della sua stessa altezza e osservava con occhi vigili la folla.
L’anziano mago fece un rapido gesto con la mano e alcuni Maghi della Guardia, tra i quali Ixias, che inziarono ad avanzare verso un gruppetto di persone che era stato in disparte fino a quel momento.
Ora si trovava a terra, lampi azzurri volavano per la stanza. Dove prima vi era quiete e silenzio ora era caos e urla, persone che correvano e altre che cadevano a terra.
Sentiva il suo volto sanguinare, caldo, la persona che l’aveva aggredito a giaceva a terra con un ghigno malvagio scolpito sulla sua maschera di metallo.
Confusione. Chi erano questi sconosciuti, che cosa volevano?
Rabbia. Dentro di sè, inspiegabile, sconosciuta.
Calore. Fuoco.Ixias si svegliò, dolorante e senza sentirsi realmente riposato. Si toccò il viso con la mano e si coprì in fretta con il cappuccio. Sentiva la bocca fargli male, aveva digrignato i denti durante il sonno ed ora era indolenzito.
Quel sogno era la realtà, Stellos lo aveva salvato o forse era stato qualcuno dei suoi compagni. L’attacco scellerato li aveva colpiti di sorpresa e lui era stato ferito ed atterrato senza che potesse fare nulla. Erano stati feroci gli aggressori, spinti da una smania e un odio irrazionali.
Aveva già visto quelle maschere, ma mai si erano spinti così a fondo in territori nemici.
Quelle maschere, le avrebbe trovate su Aeternum, pronte a finire il lavoro.
Era giorno, il sole splendeva con forza e il vento soffiava fresco sulla pelle. I gabbiani volavano in lunghi cerchi sulle teste delle persone operose a terra.
Il mercantile era fermo nel porto, molti passeggeri erano già per le strade della cittadina e il chiasso era totale.
Ixias salutò con un gesto il capitano della nave che non lo degnò di uno sguardo e continuò come nulla fosse a dare ordini ai suoi sottoposti. Facendo spallucce l’uomo incappucciato scese a terra e tirò fuori un biglietto da una tasca del mantello.
“Ciao Ixi,
accetta un consiglio da tuo zio.
C’e’ un uomo chiamato Gilthanas, un elfo credo, che guida un gruppo di combattenti le cui gesta sono leggendarie.
Non so dove si trovi, ma so che sta andando ad Aeternum. Non conosco le sue motivazioni ne i suoi metodi, ma se quello che ho sentito è vero anche solo metà, lui potrà aiutarti. Tua madre, la mia sorellina, mi ha spesso parlato delle Lance e di come le loro avventure siano scritte in libri custoditi nella grande biblioteca del Tempio del Sapere.
Fidati di me, cerca il suo consiglio e il suo aiuto.
Ti voglio bene,
Zio Thyramus”Chi era questo Gilthanas e che senso aveva andare a cercare qualcuno di cui si leggeva dentro dei libri di storie per bambini? Anche Stellos aveva manifestato dei dubbi sulla sua esistenza, eppure non negava che fosse possibile.
La priorità in quel momento gli fu ricordata dalla sua pancia ed era ora di pranzare e cercare informazioni per un passaggio verso l’Isola, quindi smise di rimuginare e si avviò verso la piazza dove i mercanti stavano esponendo le merci e i negozi profumavano di spezie e di vettovaglie. Scoprì suo malgrado che i prezzi nelle grandi città erano ben diversi da quelli a cui era abituato e i modi della gente sicuramente più volgari.
Una donna grassa dietro il bancone della locanda, “Il Mastino Annoiato”, lanciò un’occhiataccia ad Ixias quando egli entrò con fatica nella sala da pranzo. Sdraiata al centro della sala, grassa quanto la padrona di casa, la grande bestia che dava il nome alla locanda intratteneva i clienti con degli sbadigli mostrando l’interno di una bocca enorme. Lo sguardo del cane però, a differenza della padrona, era amichevole.
La donna squadrò con sospetto la persona che si era presentata davanti a lei.
“Di un po’ ragazzo, non sarai mica uno di quelli che va cercando guai in questi strani tempi in cui viviamo? Hai un viso pallido, non mi piace.”
“Cerco solo cibo ed informazioni su come andare ad Aeternum.” Sussurrò Ixias, le parole non venivano pronunciate con facilità e muovere la bocca per parlare spostava la cicatrice sul viso provocandogli un dolore sordo.
La donna sbuffò, sporcandosi il mento di saliva per sbaglio, e mentre si puliva la faccia con una mano sparì in cucina con una destrezza insolita per una donna della sua stazza uscendone poco dopo con piatto di carne e patate il cui profumo invadeva le narici e rincuorava lo spirito.
Il posto non era pulito, gli avventori seduti ai grossi tavoli polverosi si guardavano tra loro con sospetto e riservatezza, però il cibo era ottimo e da fuori la splendida giornata invadeva con insistenza la sala da pranzo alleggerendo lo spirito e migliorando l’umore.
Il cane al centro della sala cambiò posizione, esponendo il largo fianco al sole per scaldarsi la pancia. Dopo aver mangiato Ixias si fermò a grattare la testa del bestione e Camille, la corpulenta locandiera, rispose alle sue domande. Sciogliere la lingua dell’oste richiese qualche pezzo d’oro extra, ma il mago riuscì a scoprire che la prossima nave a partire per Aeternum era ormeggiata poco distante da dove si trovava in quel momento e che si sarebbe dovuto affrettare per assicurarsi un posto a bordo.
Ringraziata la possente signora e fatto un’ultima carezza al cane, Ixias corse fuori e si affrettò a raggiungere la “Umbra Maris”, nome che in quel momento gli dava un brutto presagio.
Il natante era una caravella, slanciata come un felino predatore e leggera sull’acqua, ben diversa dal lento e massiccio mercantile sul quale Ixias era giunto al porto.
Il ponte di coperta vibrava di vita e trambusto mentre i marinai preparavano provviste e attrezzature per il viaggio. Tra le altre cose spiccava un piccolo cannone che a poco sarebbe servito in uno scontro reale contro un’imbarcazione pirata, ma offriva alla gente che stava salendo sulla passerella una parvenza di bellicosità e sicurezza.
Il capitano, un uomo basso e brutto, accolse con un gesto amichevole il mago a bordo. I marinai si fermarono una manciata di secondi ad osservare il nuovo venuto, poi tra imprecazioni e sputi a terra tornarono alle loro faccende.
“Mio Lord.” - iniziò il capitano aprendo le braccia - “ stai lasciando un inferno per infilarti in un altro? Che brutto aspetto che hai Mio Lord, sei inseguito da un fantasma?” La battuta oltre a non far ridere altri se non il capitano, fu accompagnata da una generosa dose di fragorose pacche sulla spalla di Ixias che vacillò sotto l’effetto dei colpi.
“Devo recarmi ad Aeternum quanto prima possibile, mastro Capitano. Mi hanno detto che la ‘Umbra Maris’ è la nave più veloce della baia e che ha già affrontato il viaggio più volte.” Disse il mago massaggiandosi la spalla.
“Beh, sicuramente la mia Nave è la migliore, ma, Mio Lord, è la prima volta che affrontiamo il viaggio. Da quanto ho saputo sono poche o forse nessuna le navi che siano tornate indietro, sicuramente c’è così tanto oro ad Aeternum che nessuno vuole più tornare indietro!” il capitano completò la frase con un suono osceno e un lampo di cupidigia negli occhi, infine dopo aver ricevuto il pagamento anticipato in monete d’oro lanciò un’imprecazione e smise immediatamente di prestare attenzione ad Ixias.
L’uomo incappucciato fu grato di non essere più al centro degli sguardi di quella gente e si affrettò a prendere posto nella stanza a lui riservata.
La nave non era grande e la stanza era molto più piccola di quella del mercantile, ma il suo interno era più curato e i mobili di buona fattura. Oltre a lui c’erano pochi altri passeggeri, un paio di avventurieri, tre famiglie e i marinai dell’equipaggio.
Ixias dopo essersi spogliato dagli abiti da viaggio si sdraiò sul letto, era di nuovo esausto. La ferita pulsava sul viso e l’ombra aveva ripreso a camminargli sulla pelle.
“E’ la corruzione Ixias” gli aveva spiegato Stellos quando era andato a trovarlo nella grande ‘Sala della Cura e della Benedizione’ di Argentrock. “La lama che ti ha ferito oltre a straziarti la carne ha ferito l’anima. L’ombra che vedi e senti su di te è il male che stai lottando per tenerla al di fuori. Copri questo male agli occhi degli amici e dei nemici, perché non è di questo mondo ed è di grande turbamento.”
Nonostante fosse ancora giorno il mago si addormentò in fretta come la notte precedente, sapendo che probabilmente ad Aeternum non avrebbe più avuto il lusso di un letto caldo ed asciutto.
Mentre prendeva sonno in testa risuonavano delle parole, dei sussurri allarmati o delle grida confuse, come un avvertimento.
Nel sonno sentì Stellos parlargli e suo zio Thyramus chiamarlo finchè entrambi pronunciarono un nome ad alta voce “Gilthanas”.
Il sogno cambiò, nel petto sentiva il cuore battere all’impazzata, mentre era nella grande sala del trono, ma questa volta non era durante il Rito della Semina e non vi erano le persone. La Regina di Argentrock, la semi divinità che aveva giurato di proteggere con la vita, giaceva a terra sul punto di morire per delle ferite invisibili nel sogno sfocato e gli stava urlando delle parole mentre alzava una mano. “Attento! Attento!”
“Svegliati!”
Acqua ghiacciata e salata gli entrò crudelmente nei polmoni e la stanza fu invasa da un torrente di acqua marina proveniente dal corridoio. Tossendo dolorosamente il mago si alzò di soprassalto e scese dal letto trovandosi con l’acqua alla vita. Non c’era tempo di prendere qualcosa e arrancando raggiunse l’uscita della stanza.
Galleggiavano dei cadaveri aldilà della porta, riconobbe alcuni volti dei passeggeri che si erano imbarcati con lui e inorridì quando vide dei bambini fissarlo con occhi vacui e vitrei.
Sul ponte di coperta urla e suoni terribili facevano ghiacciare ancor di più il sangue nelle vene, come se non fosse stata sufficiente la temperatura dell’acqua che ad ogni secondo saliva di qualche centimetro.
La nave stava affondando tra le fiamme. Il mago cominciò ad avvertire il panico, era sveglio del tutto adesso e cosciente di essere in pericolo di vita. Cercò di raggiungere la scala di legno per andare sul ponte principale della nave, ma fu troppo lento e una trave si ruppe di botto e gli sbarrò la strada.
Era in trappola, stava per morire. Disperato Ixias si guardò attorno, ma non riusciva a pensare, la ferita gli faceva male, l’ombra lo divorava. “Stellos!” gridò Ixias prima di venire sommerso dall’oceano che aveva ormai preso possesso di tutti gli spazi e di tutte le vite a bordo.
Era buio e freddo e silenzioso. Chiuse gli occhi sicuro di non riaprirli più.
Una voce lontanissima, di donna, gli giunse all’orecchio e mentre l’acqua si impadroniva del suo corpo tra dolori lancinanti e i suoi occhi si sbarravano privi di espressione, riconobbe ancora la pronuncia di un nome: “Gilthanas”.
La sabbia era fredda e ruvida, i capelli cadevano sul viso e gli ferivano gli occhi già arrossati e doloranti per il sale. Il fianco della “Umbra Maris” era squarciato e abbandonato sulla spiaggia, circondato da fiamme della pece incendiata e dai corpi delle persone che avevano perso la vita durante il naufragio.
C’era qualcosa di anomalo, di sovrannaturale, in quella scena da fine del mondo. Lampi blu e rossi circondavano gli esseri viventi, non solamente le persone, ma anche gli animali. Ixias stesso vide affievolire in breve tempo dei bagliori azzurri provenire dal suo corpo, mentre con lentezza e dolore si metteva a sedere.
La confusione era totale e mentre si guardava attorno sperso, vide un uomo venirgli in contro con passo deciso.
Era davvero un uomo? Le fattezze erano simili, ma le movenze non lo ingannavano, quella grazia e leggerezza appartenevano ad un elfo. Aveva il capo coperto, le orecchie nascoste dal tessuto, ma Ixias aveva avuto spesso a che fare con le popolazioni magiche confinanti la sua terra natale e quel trucco non lo avrebbe ingannato. Dietro di lui vi erano altre figure che non riusciva a mettere bene a fuoco nel fumo delle fiamme, ma riconobbe che erano armate e pericolose.
Cercò di mettersi in guardia, certo di venire attaccato dallo sconosciuto che probabilmente avrebbe voluto ucciderlo e rubargli qualsiasi cosa di valore potesse avere addosso. In quel nuovo mondo la violenza e il sopruso erano la legge, Aeternum lo avrebbe quindi ghermito tra i suoi artigli e anche se per qualche sconosciuto motivo non era ancora morto lo sarebbe stato a breve.
Ixias sollevò una mano come per lanciare un incantesimo, ma senza riuscirci. Lo sconosciuto tese la mano a sua volta, ma invece di folgorarlo o di colpirlo con un’arma, prese la sua mano con forza e lo aiutò a mettersi in piedi.
L’elfo fece un mezzo sorriso mentre il mago lo guardava confuso, sconvolto e pieno di paura.
“Hai fatto un lungo viaggio, ma è solo l’inizio. Andiamo via di qui, non è sicuro.”
Mentre lo sconosciuto si passava un braccio attorno al collo e cingeva il suo alla vita del ferito per aiutarlo a camminare, il mago si schiarì la voce e con un filo di voce disse: “Mi chiamo Ixias, chi sei tu? Perchè mi stai aiutando?”
“Lieto di conoscerti Ixias, seppur in queste circostanze infauste. Il mio nome è Gilthanas e avrò bisogno anche di te. Avrai le risposte alle tue domande, stanne certo, ma ora devi solo fidarti di me. Andrà tutto bene.”
L’ombra sulla pelle del mago sembrò farsi più piccola ed Ixias, stanco e grato, sorrise.